SUPERSANTOS, il cortometraggio


lunedì 21 luglio 2008

Manifesto per sette nuove città


L'iniziativa 

Architetti partenopei lanciano l'idea di alleggerire la pressione sul capoluogo potenziando centri alternativi

di ANTONIO FIORE

Un progetto collettivo per salvare Napoli. Senza le Grandi Firme


Alla contraddittoria città del terremoto infinito e dei progetti affidati per chiamata diretta alle Grandi Firme c'è chi non si rassegna. C'è chi pensa sia ancora praticabile una «terza via» tra la fallimentare gestione dell'emergenza e il belletto delle opere-monstre fatte per andare in prima pagina e alimentare il circuito dello star-system dell'architettura: c'è un gruppo di professionisti campani, ad esempio, che — reduce dal XXIII Congresso mondiale di architettura appena celebratosi a Torino e che aveva al centro proprio la crisi delle megalopoli — ha cominciato a interrogarsi sulla divaricazione sempre più marcata, a Napoli come a livello globale, «tra i processi politico-amministrativi che vanno sempre più verso un'architettura autoreferenziale, e l'esigenza di un'architettura e di un'urbanistica che affrontino davvero i probemi reali posti dalla collettività. Problemi che si chiamano servizi, rapporto tra ambiente naturale e ambiente entropico, terza età, infanzia», dice l'architetto Fulvio Ricci, stigmatizzando «il silenzio delle rappresentanze professionali, un fenomeno che lascia attoniti se si pensa che a Napoli dal bassolinismo in qua in pratica non un solo architetto partenopeo ha mai ricevuto un incarico pubblico. Ma l'architettura è un processo sociale, la scelta di puntare sui ''grandi nomi'' produce un'architettura uguale in ogni angolo del mondo, determinata dalla legge del profitto e non dalla conoscenza dei problemi della città e dal tentativo di dare loro una soluzione ».

Per questo Ricci, Antonella Palmieri (entrambi consiglieri dell'Ordine degli architetti) e docenti e colleghi come Giacinta Jalongo ed Emma Buondonno di ADA (Associazione donne architetto) o Eugenio Frollo vengono oggi allo scoperto con una proposta «rivoluzionaria» nel senso copernicano del termine, dal momento che ipotizza il capovolgimento del rapporto tra il capoluogo della regione e il resto della Campania. «Il ragionamento è semplice — dice la Buondonno, ex assessore del Comune di Ercolano — l'area metropolitana di Napoli racchiude i centri decisionali comunali, provinciali e regionali in appena 10 km quadrati, con un impatto antropico ed ambientale elevatissimo e con le drammatiche conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti». A questo squilibrio e a questo carico demografico non più sostenibile (basti pensare che a Napoli entrano ogni giorno 900mila auto) i «copernicani» pensano sia possibile far fronte «creando sei o sette città da circa 100 mila abitanti ciascuna, articolate ciascuna intorno a un centro storico preesistente, e scelte strategicamente sulle direttrici che dalla Campania portano alle regioni confinanti: «Per essere chiari — continua la Ialongo, del dipartimento di Urbanistica della Federico II — si tratta di Cerreto Sannita, di Vairano Scalo-Vairano Patenora, di Ariano Irpino, di Buccino-Sala Consilina, di Nola- Acerra, proiettate rispettivamente sul Sannio, sul Beneventano, sull'Irpinia, sul Cilento e sul Casertano, permettendo così di decongestionare l'area metropolitana di Napoli e di riequilibrarla su una scala sostenibile». Delle randstad a misura d'uomo, come in Olanda. Facile a dirsi. Difficile ma necessario da farsi, dicono le donne di Ada.

«Napoli è diventata il buco nero che ingoia risorse, ma è ultima in graduatoria come produzione di Pil: è diventata la capitale del "brulicare umano" come certe megalopoli del Sud America», incalza Ricci. E la Jalongo e la Buondonno concludono a una voce: «L'area metropolitana di Napoli vanta il 50 per cento della popolazione campana, e ciò fa sì che le risorse si traducano quasi esclusivamente in interventi sulla città e l'area metropolitana: ma dove sono gli asili nido, i parchi urbani, le piscine che per legge ogni zona della città dovrebbe avere? In realtà assistiamo alla crescita inarrestabile di una città illegale, con la complicità e il silenzio delle istituzioni che dovrebbero invece far rispettare le regole. E il tutto con la scelta della Provincia di Napoli di istituire 5 aree di densificazione urbana che prevedono ben 360 mila nuovi vani in zone a ridosso di Napoli come Giugliano, Villaricca, Pomigliano... «

No, soluzioni simili non faranno altro che aggravare drammaticamente il problema. Solo una rete di nuove città a scala sostenibile — e la riduzione della ''crosta edilizia'' di Napoli a favore di nuovo ambiente verde — può condurre al riequilibrio dei pesi demografici ed economici all'interno della Campania».


 

Da: Corriere del Mezzogiorno

sezione: 1CULTURA - data: 2008-07-16 num: - pag: 11

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